22/2/2008 (7:44)
- LA STORIA
"Caro Sarkò adesso ripagaci il Bucintoro"
archivio: www.veniceboats.com |
Venezia ricostruisce la barca distrutta da Napoleone
ANNA SANDRI
VENEZIA
Fu il segno massimo del
disprezzo applicato al potere: prima di caricare su qualche migliaio di
muli un inestimabile patrimonio d’arte e inviarlo in Francia, Napoleone
diede ordine ai suoi di depredare in modo sistematico e feroce il
simbolo dei simboli della ricchezza e del prestigio veneziano: era il 9
gennaio 1798, e Venezia disse addio al suo ultimo Bucintoro, il più
bello. Ne aveva avuti quattro, dal 1300 in poi, in un crescendo di
sfarzo e di lusso: l’ultimo era sfolgorante. Quasi trentacinque metri
di lunghezza, più di sette di larghezza, oltre otto di altezza:
un’emozione soltanto a guardarlo.
La sontuosa imbarcazione,
costruita senza badare a spese per la qualità del legno, dei
rivestimenti e dei decori, aveva rappresentato per secoli il potere di
Venezia; spinta da 168 remi - ognuno mosso da quattro uomini - portava
a spasso in occasioni speciali il doge di turno e i suoi ospiti: lui
stava sul trono, le autorità comodamente sedute su novanta seggi in una
sala rivestita di velluto rosso. Il giorno dell’Ascensione si andava
tutti verso il Lido a celebrare lo Sposalizio tra Venezia e il Mare:
officiante il doge ovviamente, che buttava l’anello in acqua e sanciva
l’unione.
La rivincita
Ai veneziani, questa
cosa del Bucintoro perduto è sempre rimasta come una spina nel cuore:
non li consolano i pochi resti sfuggiti alle fiamme e alle accette,
conservati al museo e tutto sommato nemmeno di certa provenienza; non
li ripagano le raffigurazioni artistiche, né i modelli in scala.
Praticamente da subito hanno sognato di riaverlo; al netto dei tempi
veneziani che segnano a ritmo esasperante ogni passaggio da un’idea
alla fase pratica, 210 anni dopo l’oltraggio il momento sembra essere
davvero arrivato. C’è una Fondazione Bucintoro, e adesso c’è
addirittura una data: il 15 marzo, in una Tesa dell’Arsenale
(praticamente un capannone) i lavori iniziano.
Riavere il
Bucintoro costerà una cifra inverosimile, dai 15 ai 20 milioni di euro:
tutti da sponsor privati, si spera anche da singoli cittadini, e visto
che i conti con la storia non si chiudono mai è partita una lettera
formale, destinazione Eliseo. Un contributo viene chiesto espressamente
a Nicolas Sarkozy: le colpe dei padri ricadono sui figli, non sarebbe
male se il presidente di Francia decidesse di cancellare l’antico
insulto dando un contributo alla ricostruzione del perduto gioiello. La
risposta di Sarkozy non è ancora arrivata, ma vada come vada, i lavori
per riavere il Bucintoro sono ormai al via. Nel cantiere dell’Arsenale,
sotto la direzione dell’armatore Davino De Poli, artigiani («che non
mancano», come assicurano i responsabili dell'operazione) lavoreranno
per un tempo stimato in due anni. Legni di abete, larice, cirmolo
arriveranno in laguna come ai tempi che furono: «Niente di raffazzonato
- assicura il vicepresidente della Fondazion Bucintoro, Roberto
D’Agostino - sarà, al contrario, un’operazione molto severa dal punto
di vista filologico». Com’era, dov’era: usa così a Venezia quando si va
a ricostruire qualcosa di prezioso che è andato perduto. L’esempio
verrà dai modelli in scala, dalle molte rappresentazioni pittoriche;
non ci si negherà il rivestimento d’oro, né le polene o le statue che
facevano dell’imbarcazione del doge la più invidiata dei mari. Non si
risparmierà sui velluti, né sugli intagli.
«Tra i finanziatori
ci saranno le maggiori aziende dell’area lombardo-veneta: molte hanno
già aderito, e abbiamo il supporto di alcuni enti locali tra cui il
comune di Bergamo, città natale del Colleoni, storicamente fedele alla
Serenissima», spiega D’Agostino. Il Bucintoro diventerà, in fase di
costruzione, il museo di se stesso: il cantiere in tutte le sue fasi
sarà aperto alle visite, non solo dei turisti ma anche per le scuole
che potranno così scoprire un Arsenale vitale e operativo come nel
passato. E quando Venezia avrà riavuto il suo Bucintoro? «Prenderà
l’acqua» assicurano alla Fondazione. Alla festa dell’Ascensione (che
qui si chiama Sensa) prima di tutto, per rinnovare i fasti dello
sposalizio, che ogni anno - sia pur con imbarcazioni più modeste - si
celebra: e sarà curioso vedere a chi toccherà il ruolo del Doge. Ma
dovrà anche mantenersi, quindi potrebbe essere affittato per qualcuna
di quelle costosissime e molto blindate feste che, per un’occasione o
per l’altra, riempiono i palazzi e più isolati hotel veneziani.
Uomini
da mettere ai remi non dovrebbero essere difficili da trovare: i
campioni in laguna non ci mancano, e poi la voglia di riavere
l’imbarcazione è tale che i veneziani sono già in coda per mettersi a
sudare sottocoperta.