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La «brazzera»
è stata l'imbarcazione più diffusa lungo le coste
dell'alto Adriatico, della Dalmazia, fino a scendere in
Grecia dove è tuttora nota per la sua particolare
attrezzatura con vela al terzo, denominata dai greci per
l'appunto «a bratzera». Nelle sue forme rigonfie essa
ricorda il più noto «trabaccolo», ma era più piccola
nelle dimensioni e risultava quindi particolarmente
adatta per i collegamenti tra le coste e le innumerevoli
isole dalmate e del Quarnaro. In Istria e Dalmazia,
ancora oggi ne esistono alcuni esemplari naviganti, per
lo più impiegati come motobarca da pesca o per il
trasporto della sabbia, ma ormai tutti privi di vele.
NOTIZIE
STORICHE ED IMPIEGO Gli studiosi fanno risalire le
origini di questo natante al XVI secolo, mentre la zona
di provenienza si può circoscrivere alle isole della
Dalmazia. La brazzera era prevalentemente utilizzata per
il piccolo cabotaggio, più raramente per la pesca, in
particolare per quella delle spugne da bagno della
Dalmazia; data la solidità di costruzione ed il buon
comportamento in mare, ha anche trovato impiego nelle
marine militari, veneta ed austriaca, sia per il
trasporto di materiale bellico, sia come cannoniera.
ETIMOLOGIA Un'ipotesi sull'origine del nome deriva
dall'utilizzo quale barca per rematori: brazzèra,
brasèra, brasira, bracijera, bracèra, in quanto poteva
avanzare a forza di braccia, quindi da braccio, brasso,
braso o brazo, a seconda delle diverse località. L'altra
ipotesi invece è che tali termini possano derivare dal
nome dell'isola di Brazza, o Brac, quale luogo di
origine. CARATTERISTICHE Il suo scafo, solitamente
pontato, era ben carenato, con un alto bordo libero; la
prua era alta e rotonda, mentre un ampio boccaporto di
carico era ricavato dietro l'albero e il robusto timone
scendeva oltre la chiglia. Poteva procedere sia a vela
che a remi, con la caratteristica voga in piedi alla
veneziana; per questo aveva due o tre forcole per parte,
con alloggiamenti diversi nelle murate, per spostarle a
seconda delle necessità. Raggiungeva lunghezze variabili
tra i 9 ed i 15 metri, mantenendo il caratteristico
rapporto lunghezza/larghezza pari a circa 3 (tipico
delle navi romane) e aveva da 8 fino a 25 tonnellate di
stazza; l'equipaggio era normalmente composto da quattro
a sei uomini. Si presentava in forme leggermente
diverse, ma soprattutto con l'armamento velico che
differiva a seconda delle località di provenienza. |
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Brazzera a due alberi (1) e
Detta ad un albero ad uso di Dalmazia (2). Biblioteca
Querini Stampalia Venezia |
TIPOLOGIE DIVERSE La brazzera
veneta, diffusa in alto Adriatico, era quella di
dimensioni maggiori e dalle forme più piene e rotonde;
sempre pontata, aveva un albero, spostato verso prua,
armato con una vela al terzo, ed un lungo bompresso
mobile munito di polaccone. Sui masconi di prua portava
i classici oculi, come sui trabaccoli. Le brazzere
dalmate erano simili e con la stessa attrezzatura
velica; lo scafo era però più stellato e filante, con
un'asta di prua molto alta e più diritta. La brazzera
istriana si distingueva dalle altre per l'armamento
velico, per le linee filanti dello scafo e lo slancio in
avanti della prua; era anche nota come brazzera di
Pirano, dato che da qui aveva avuto origine, per poi
diffondersi da Trieste a Pola. Aveva due o tre alberi, a
seconda delle dimensioni dello scafo: il primo era
subito dietro l'asta di prua, mentre il secondo era a
circa un terzo dello scafo, verso prua, ed entrambi
erano attrezzati con vela latina. Se il centro velico
risultava spostato in avanti allora si poneva a poppa,
su di un alberetto, una piccola vela (latina o al terzo)
per dare forza al timone. La brazzera di Capodistria,
armata con una grande vela latina e un bompresso mobile
con polaccone, era caratterizzata da uno scafo molto
capace, dalla prua alta, con l'asta prolungata ed
intagliata, per la mura dell'antenna della vela. Era
molto usata per il trasporto del sale.
Mario Marzari |
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Brazzera rovignese a tre
alberi. Biblioteca Querini Stampalia Venezia |
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Modelli di Brazzere |
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Modello di brazzera Armata,
Museo Storico Navale, Venezia |
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Modello di Brazzera Istriana,
Museo del mare, Trieste. |
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Brazzera
Antal
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L'ULTIMA BRAZZERA NEL GOLFO DI TRIESTE
di
Mario Marzari
ANTAL,
DALMATA TUTTO FARE
La «brazzera» è stata
l'imbarcazione più diffusa lungo le coste dell'alto
Adriatico, della Dalmazia, fino a scendere in Grecia
dove è tuttora nota per la sua particolare attrezzatura
con vela al terzo, denominata dai greci per l'appunto «a
bratzera». Nelle sue forme rigonfie essa ricorda il più
noto «trabaccolo», ma era più piccola nelle dimensioni e
risultava quindi particolarmente adatta per i
collegamenti tra le coste e le innumerevoli isole
dalmate e del Quarnaro. In Istria e Dalmazia, ancora
oggi ne esistono alcuni esemplari naviganti, per lo più
impiegati come motobarca da pesca o per il trasporto
della sabbia, ma ormai tutti privi di vele. Solo una
brazzera, completa della tradizionale attrezzatura
velica, è ancora presente nel porto di Trieste: si
tratta dell'"Antal", ormeggiata presso il locale Yacht
Club Adriaco. È la barca di Ovidio Schiattino,
professore in pensione ma da sempre tutt'uno con
quest'imbarcazione, alla quale quotidianamente dedica il
suo tempo. Il nome dato alla barca deriva dall'unione
delle prime lettere dei nomi delle sue due figlie,
Antonella ed Alessandra, ed anche l'«Antal» è quindi una
sua creatura. Ovidio Schiattino è originario di Zara, in
Dalmazia, figlio di uomini di mare di antiche origini,
discendente della nobile famiglia Boghlich di Perasto i
cui avi si coprirono di gloria durante il lungo assedio
di Candia nel XVII secolo, mentre il padre Mario, già
ufficiale della Marina austro- ungarica e poi di quella
italiana, cessate le ostilità, si occupò dello
sminamento dell'Adriatico. Dopo gli eventi bellici della
seconda guerra mondiale, Ovidio si trasferì a Trieste
dove si dedicò, oltre che all'insegnamento, anche
all'allenamento dei giovani nuotatori della Triestina e
dell'Edera, giungendo fino alla nazionale al seguito di
atleti che lui stesso aveva "costruito", quali la
Cecchi, la Passagnali e Spanghero. Per un dalmato il
legame con l'acqua, ma in particolare con il mare, è
indissolubile, tanto che in Ovidio Schiattino sorse il
desiderio di poter vivere il mare proprio con una barca
tradizionale a lui ben nota: la «brazzera». Nel 1962
decise, quindi, di farsi costruire l'imbarcazione
desiderata in un piccolo cantiere sull'isola di Morter,
tra Zara e Sebenico, dove operava ancora un maestro
d'ascia che conosceva le antiche metodologie costruttive
e certamente non aveva bisogno di un piano di
costruzione per realizzarla secondo le sue esigenze.
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La brazzera doveva servire
da diporto per il professore e la famiglia, per poter
navigare in quelle acque per le quali era stata forgiata
in secoli di navigazione pratica, dal momento che gli
animi si erano riappacificati ed il confine era divenuto
uno dei più aperti al turismo, cosa che ora purtroppo
fortemente rimpiangiamo. Ovidio Schiattino ordinò,
quindi, uno scafo dalmato dei più classici nelle linee,
ma di dimensioni un pò ridotte: doveva offrire una buona
abitabilità nella cabina centrale, da ricavarsi in
quella che abitualmente era la stiva di carico
dell'imbarcazione tradizionale. Nessun sacrificio o
compromesso doveva deturpare la tradizionalità delle
forme e dell'armamento velico, in modo da non andare a
discapito della buona condotta della barca in mare. Si
accordò con il maestro d'ascia Miro Markov, di Hramina,
nell'isola di Morter, per la realizzazione di una
classica brazzera dalmata di circa 9 metri di lunghezza
e 3 metri di larghezza, con una stazza di circa 6
tonnellate. Grazie al puntale di 1 metro dello scafo,
nella stiva vennero ricavate le cabine e nella parte
centrale la grande cabina e sala con il tavolo centrale
per potersi ritrovare con familiari ed amici e pranzare.
Il grande boccaporto centrale, che anticamente serviva
per il carico, venne utilizzato per ricavare una grande
tuga, senza per questo dover modificare il ponte, ma in
modo da offrire sotto coperta l'abitabilità richiesta.
Il bel ponte orizzontale, ben stabile sotto i piedi,
lasciava ampio spazio per manovrare la vela e offriva
grande comodità per i passeggeri. |
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La brazzera venne
felicemente varata il 20 luglio 1966 e per la sua
realizzazione furono impiegati dodici metri cubi del
miglior rovere di slavonia; dopo il collaudo in mare e
le prove a vela, ben 84 metri quadri di superficie,
l'imbarcazione venne subito impiegata per una lunga
crociera estiva. Lo scafo, ampio e comodo, garantiva una
collaudata tenuta del mare e, seppure non in grado di
esprimere un'alta velocità di crociera se non al «gran
lasco» , consentiva di raggiungere ogni approdo naturale
e di superare i bassi fondali, dato il minimo pescaggio
ed il timone sollevabile. Le lunghe crociere si sono
annualmente ripetute ed ormai l'«Antal» è una barca nota
a tutti gli uomini di mare dell'Adriatico; ma è
diventata celebre anche perché è stata più volte
impiegata, opportunamente mascherata, per girare diverse
belle riprese in mare in vari films, come Ernesto e La
coscienza di Zeno. Proprio durante il trasferimento via
terra per le ultime riprese in Canal Grande del film
tratto dal famoso romanzo di Italo Svevo, i triestini
hanno potuto ammirare questo scafo sospeso in aria da
una gru, quando per alcune ore bloccò il traffico
cittadino suscitando molta curiosità e finendo nella
cronaca de "Il Piccolo", il giornale della città. Con
l'«Antal» Ovidio Schiattino ha effettuato, in questi
anni, innumerevoli crociere lungo le coste della
Dalmazia e tra le sue 861 isole, ormeggiando sempre in
nascoste e sicure insenature a lui ben note. Egli,
soprannominato anche «Barbantal», è uno degli ultimi
«lupi di mare» in grado di manovrare con la tradizionale
vela al terzo, ormai totalmente soppiantata dalla vela
Marconi. Schiattino racconta volentieri di come, in un
giorno di forte vento, molte persone fossero accorse a
vedere la sua entrata in rada a tutta vela, fino
all'ormeggio alla banchina di Umago, e come venne
accolto tra gli applausi ed i complimenti per la
manovra; ma egli, dopo una spontanea imprecazione,
semplicemente ringraziò ed offrì da bere per lo scampato
pericolo, dicendo che qualche volta con la forza della
disperazione si fanno cose impossibili, perché
sicuramente con quel vento non avrebbe potuto mollare la
barra del timone per ridurre la vela! L'«Antal» è stata
premiata molte volte come la più bella tra le «barche
classiche in legno» che partecipano alla speciale regata
per barche di questo tipo, che affianca la «Coppa
d'Autunno» di Trieste, ormai nota a tutti come «Barcolana»,
e che vede la partecipazione di quasi un migliaio
d'imbarcazioni a vela provenienti da tutto l'Adriatico.
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Lo stato attuale della
brazzera Antal a Monfalcone
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Su
questa imbarcazioni si veda:
L'ultima brazzera nel golfo di Trieste, di Mario Marzari
e La Brazzera dalmata
ha segnato la mia vita, di Niki Orciuolo, Il Piccolo
28-10-2007 |
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Ringrazio Luciano
Canciani per il materiale e le segnalazioni che mi ha
fornito. |
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Vecia Baba
Un'altro scafo di brazzera
sopravissuto e di cui abbiamo solo poche immagini è il
Vecia Baba qui fotografato nello squero di Silvano Gaddi
di Grado. Ringraziamo sin d'ora chi volesse inviarci
altri ragguagli e immagini.
Vai alla pagina del
rilievo della "Vecia Baba"
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La Vecia Baba nello scalo,
Foto Luciano Canciani |
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La stessa vista di poppa. Foto
Luciano Canciani |
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Dettaglio degli occhi
apotropaici e di cubia. Foto Andrea Fasolo |
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Sommità dell'asta di prua con
i mancoli d'ormeggio. Foto Andrea Fasolo |
Vai alla pagina del
rilievo della "Vecia Baba" |
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