Vorrei chiarire meglio alcuni
punti:
- Dopo 45 anni ininterrotti di
gestione della mia bottega a Venezia più svariati anni
di apprendistato (non retribuito) penso sia arrivato il
momento di cedere la mia attività ad una persona che se
ne faccia carico e subentri al mio posto. Oltre a ciò
sono già in pensione ma ovviamene continuo a versare i
contributi all'INPS. A chi volesse subentrare, non come
dipendente s'intende, noi forniamo l'avviamento, e tutte
le informazioni per iniziare a lavorare, segnatamente
tutti i disegni tecnici, le immagini, le dime, i
progetti esecutivi e file dei modelli e l'esperienza
accumulata in mezzo secolo di lavoro.
- Per quanto riguarda gli
apprendisti, oltre a non trovare nessuno che voglia
intraprendere un lavoro come il mio che richiede
sacrifici e anni di apprendimento, l'ostacolo maggiore è
costituito dalle complicazioni burocratiche e fiscali.
Assumere anche una sola persona richiede un costo
complessivo che raggiunge più del doppio della paga
offerta. Ma "tirare su" un apprendista, che ovviamente
parte da zero, richiede un lavoro di insegnamento che
per almeno cinque anni non vedrà frutti. Per questo
motivo tutti i veri artigiani, tranne rare eccezioni,
hanno chiuso senza lasciare eredi. Insegnare è un lavoro
e andrebbe retribuito, ma nonostante tutti i proclami
sul salvataggio e tutela degli artigiani non si è fatto
nulla concretamente anzi non passa giorno che non si
inventino nuove gabelle e complicazioni normative.
Mi rendo conto che trovare un
alter ego che abbia la stessa mia passione e dedizione
sia praticamente impossibile. Ma tentar non nuoce.
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Tre secoli di storia veneziana e migliaia di oggetti,
preziosi e di uso quotidiano come mobili, coltrine,
travoni in . larese,
raccolti in quattromila lemmi. Un’opera straordinaria e
originalissima, unica summa del sapere veneziano
trasmesso nei secoli dagli artigiani lagunari, friulani,
istriani, attraverso il linguaggio e gli atti depositati
negli archivi. Ennio Concina è uno dei maggiori esperti
in Europa di arte bizantina. Docente a Ca’ Foscari e
autore di preziose ricerche sui rapporti tra Venezia e
Costantinopoli e tra Rinascimento e Oriente,
l’architettura bizantina, l’Arsenale. Le tecniche di
costruzione, i manufatti della fabbrica più grande
d’Europa cantata da Dante, dove le navi si costruivano
in un giorno solo, complete di vele e remi. Ma anche le
relazioni del grande complesso monumentale con la città,
l’Oriente e il Mediterraneo.
Adesso Concina ha quasi ultimato la sua ultima fatica, a
cui lavora da quindici anni. «Lo chiamerò Pietre, parole
e storia, dizionarietto degli oggetti veneziani dal
Quattrocento al Settecento», racconta il professore. E
mostra la sua enorme banca dati accumulata negli ultimi
decenni. Con studi e ricerche, ma anche accantonando con
pazienza gli «scarti» di libri che trattavano di altri
argomenti e come in una grande rete rimandavano ad altri
«collegamenti».
Ecco allora che attraverso le parole si ricostruisce
quel mondo di sapere empirico che ha fatto grande nei
secoli l’arte veneziana. E che può costituire un ponte,
dice Concina, per trasmettere quei saperi ai nostri
artigiani di oggi, alle soprintendenze, a tutti coloro
che si occupano di restauro e hanno bisogno di
consultare rapidamente la storia di questi materiali.
Altra cosa è poter integrare i rilievi sul monumento e
l’oggetto da restaurare con il loro «percorso», la
provenienza dei materiali, legni e pietre, le tecniche
costruttive che si possono «leggere» adesso attraverso
gli atti e le parole. Non è il Boerio, dizionario
linguistico, né un vocabolario veneziano-italiano o
viceversa, né il Cortellazzo. Ma molto di più. Un’opera
nuova che mette insieme i saperi del passato e le
sterminate conoscenze del professore.
«Venezia», prova a spiegare Concina, «è sempre stata un
punto di incrocio di tradizioni e maestri artigiani, di
artisti e allievi. Ecco allora i veneziani, ma anche i
trentini e i friulani bravi a lavorare il legno, gli
albanesi, gli istriani e i dalmati, i greci, fino alle
presenze nel Vicino Oriente e nel Mar Nero.
Uno scambio di conoscenze e di eccellenze ben visibile
nelle pietre, nei legni, nei mosaici e nei mobili
antichi. Agli inizi del Trecento è segnalata la presenza
a Creta di manager friulani che lavorano nell’isola. Lì
imparano anche le tecniche locali, come la lavorazione
del cipresso. Le tracce di questi percorsi si trovano
nel Veneto, dove il cipresso non era un legno usato per
far mobili. Lo era molto di più il larice, larese che
abbondava nei boschi del Cansiglio e del Cadore, materia
prima per i velieri e i travi di case e palazzi, armadi
e cassepanche delle famiglie della nobiltà veneziana.
Ricerche d’archivio e nelle Università, negli atti delle
Quarantìa criminal durate molti anni. Dai processi
dell’epoca, ad esempio, si colgono particolari inediti e
gustosi sulla Venezia del Cinquecento. L’albanese
arrestato dalle guardie perché sorpreso con una
scimitarra in campo Santa Margherita. Corsi e ricorsi
storici. Il «falsario» scoperto e mandato a processo
perché spacciava come orientali gioielli e stoffe invece
fabbricati in
loco. Il contrario di quanto succede oggi con il
vetro e le borse, fabbricati in Cina e spacciati per
«Murano doc». Gli atti dei processi rimandano a un mondo
lontano e stratificato. Dove non tutto è oro quello che
luccica. Ecco allora che da un misterioso lemma «el pojo»
si scopre che diffusa era allora la falsificazione dei
gioielli. «Rubin del pojo» viene definito negli atti
processuali un tipo di granata proveniente da Le Pujs,
spacciata per il più prezioso rubino.
Storia delle parole e dei materiali. Da una ricetta
dettata a bordo di una galea si scopre allora come uno
dei materiali più usati per le miniature fosse il cerume
umano. El
sporchezo, merda de recie» viene
trattato come un prezioso – ed economico – collante. Lo
stucco dell’epoca a produzione illimitata. Quattromila
parole, e alcune occupano un paio di pagine, piccoli
saggi dove si mettono in rapporto i suoni, il
significante, con il significato ma anche con la cultura
che le ha prodotte. «L’architettura», spiega Concina,
«non è soltanto l’aspetto costruttivo del manufatto, il
muro. Ma anche lo spazio, gli arredi, i particolari, i
materiali. Dunque, bisogna decodifcare l’oggetto,
risalire alla sua provenienza, alla sua storia». Un
altro esempio significativo riguarda la parola corteo.
Decine di variabili di un’arma allora molto diffusa, il
coltello. Anche qui, la fonte sono gli atti dei processi
della Quarantìa
criminal. Dove sono descritti con puntigliosa
precisione i coltelli usati per omicidi nelle buie
strade della città d’acqua.
Un dizionario della storia veneziana che parte dagli
oggetti e dai materiali di una cultura policentrica e
universale. Presto disponibile anche in edizione
informatica.
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