La ricostruzione storica di una
nave simbolo di Venezia
La ricostruzione
di una imbarcazione scomparsa è una prassi comune in
quasi tutti i paesi del mondo. In particolare ogni
nazione d’Europa, compreso la Svizzera che non ha
accesso al mare, ha realizzato copie non solo barche
minori ma anche di vascelli di cinquanta e più metri di
lunghezza. Lo stesso si può dire dell’America,
dell’Australia, della Cina dotate ormai di intere flotte
di vascelli e barche minori.
Le motivazioni
che spingono queste comunità a cimentarsi in questi
impegnativi progetti sono in primo luogo la
valorizzazione delle tradizioni marinare del loro
recente o remoto passato ma anche la riscoperta di
tecniche costruttive e di mestieri abbandonati. Queste
ricostruzioni vanno infatti condotte con una puntigliosa
ricerca filologica secondo i dettami dell’archeologia
ricostruttiva e sperimentale, una branca di studi
relativamente recente che si propone di testare dal
vero attività umane del passato.
A questo scopo
sono necessarie in primo luogo la raccolta di ogni fonte
materiale o d’archivio disponibile, incluso le
testimonianze dirette degli ultimi costruttori
tradizionali. A cui poi segue il loro confronto e lo
studio ricostruttivo vero e proprio fino a produrre un
progetto esecutivo e ad alcuni modelli in scala.
Dopodiché entrano in gioco le maestranze che includono
non solo i maestri d’ascia e carpentieri ma anche
fabbri, cordai, velai, attrezzatori, remeri ecc.
I risultati, se
si riesce ad evitare ogni approssimazione e gli errori
più comuni, sono estremamente interessanti non solo per
l’aspetto scientifico ma anche per i loro sviluppi
occupazionali, di immagine della comunità locale e,
perché no, turistici.
In questo
vastissimo panorama è esclusa l’Italia che non ha saputo
realizzare repliche filologiche degne di questo nome.
Unica eccezione positiva sono alcune barche da lavoro
costruite a Venezia nell’ambito del nostro corso per
allievi maestri d’ascia. Per tutte queste ragioni ci
sembra che in particolare Venezia, per secoli una delle
potenze marinare più importanti, non possa sottrarsi
ancora dall’intraprendere una costruzione di questo
genere.
La nostra
proposta è di scegliere una fra le tipologie più diffuse
della nostra fotta passata che si divideva,
semplificando, in quella delle navi tonde (vascelli e
navi da carico a propulsione solo velica) o di quelle
cosiddette sottili a propulsione mista velico
remica come le galee.
La preferenza
dovrebbe andare ad uno scafo significativo ma non
troppo complesso e costoso da costruire e da manutenere,
in modo che si possa realisticamente portarlo a termine,
evitando progetti chimerici che poi regolarmente
abortiscono per mancanza di risorse e competenze.
disegno di galeotta autore
Steffano de Zuanne de Michiel, L’architettura navale,
Venezia 1686
Nella scelta va
anche contemplato le reali possibilità d’uso, evitando
scafi di scarsa manovrabilità (pensiamo al Bucintoro ad
esempio) o che richiedessero la presenza di equipaggi
troppo numerosi nonché problematiche relative al
ricovero e ormeggio.
Per queste
ragioni si è ipotizzato di scegliere una fra le
tipologie minori della grande famiglia di navi sottili
che comprendeva in ordine di grandezza: fregata,
felucca, brigantino, galeotta, fusta, galea sottile,
galea grossa e galeazza. Escludendo le minori e le
maggiori, una scelta realistica ci sembra la galeotta,
una barca fra i venti e i trenta metri di lunghezza
navigante a remi e vela con equipaggio ridotto fra i 16
e i 40 vogatori più i marinai.
Le fonti
specifiche non mancano: vi sono disegni tecnici coevi e
precisi appunti lasciati da costruttori dell’Arsenale di
Venezia il cui studio è già a buon punto per quanto
riguarda la ricostruzione storica. A questo studio
preliminare dovrà seguire un progetto esecutivo con i
calcoli di stabilità e di stazza in ottemperanza anche
delle normative nazionali o internazionali di sicurezza
che andrà affidato a professionalità specializzate.
Bisognerà anche individuare una struttura cantieristica,
possibilmente in ambito veneziano o lagunare, dotata
delle necessarie caratteristiche di professionalità
attrezzature e spazi necessari, cosa non semplice per le
caratteristiche inedite di questa operazione. L’ideale
sarebbe il riuso di una delle tese dell’Arsenale
che aggiungerebbe notevolmente valore all’impresa e, una
volta attrezzato, potrebbe essere una risorsa aggiuntiva
per ulteriori costruzioni. |