VENEZIA. Uno
squerariol di nome Silvia. Nella sua vita sta più in
acqua che in terra: voga in mascareta la mattina,
restaura e costruisce barche il pomeriggio e torna a
casa in barchino la sera. Nel panorama dei nuovi
mestieri lagunari - in realtà tradizioni antichissime
finalmente riscoperte - un posto speciale è quello di
Silvia Scaramuzza. 32 anni, originaria di Campalto,
campionessa della voga - numerose bandiere e un quarto
posto all'ultima regata di Sant'Erasmo, parteciperà alla
prossima Regata Storica in coppia con Debora Scarpa - e
da quattro anni restauratrice e costruttrice di barche
tradizionali in legno.
E' la prima, per ora l'unica «maestra d'ascia» che prova
a continuare la tradizione dei Giuponi, dei Tramontin,
dei Crea. Ragazza dal fisico asciutto e dall'occhio
attento, nata in terraferma e subito approdata alla
laguna e al suo mondo particolare di acque, legni e
barene. Innamorata della voga e delle imbarcazioni in
legno che della laguna hanno fatto la storia millenaria.
Finita la scuola, Silvia ha capito che il lavoro in
ufficio o in negozio non avrebbe fatto per lei. La gioia
di vedere nascere nelle proprie mani le parti in legno
che poi diventeranno barche, la libertà di scegliersi
ritmi, orari e tecniche di lavoro, la magìa del
«cantiere» che poi scodella una gondola, una caorlina,
un pupparino un sandalo o una mascareta già bell'e
pronte. Una diversa dall'altra, con dentro un piccolo
pezzo dell'anima e dell'arte di chi le ha costruite.
Dunque, la ricerca di un mestiere «altro». Ma
soprattutto una scommessa da vincere: chi l'ha detto che
solo i maschi sanno costruire una barca? Silvia è
arrivata alla Certosa due anni fa, è entrata subito a
far parte del cantiere di «Vento di Venezia» di Alberto
Sonino. Sta ancora imparando i segreti del mestiere, ma
è già un punto di riferimento per i suoi colleghi
uomini. Che all'inizio guardavano con curiosità e un po'
di diffidenza l'arrivo di una donna in un mondo, quello
dei cantieri, tipicamente maschile. Silvia non si è
scoraggiata. Ha cominciato pian piano. La mattina gli
allenamenti in mascareta per cercare di portarsi a casa
le bandiere della voga. Poi in cantiere a lavorare, con
qualunque tempo, e a imparare i segreti dai colleghi più
esperti. L'apprendistato nello storico squero di Nedis e
Roberto Tramontin agli Ognissanti, e ora un presente da
professionista e restauratrice nautica alla Certosa, nel
gruppo dei giovani squerarioli di Vento di Venezia.
Una «maestra d'ascia» che da molti punti ai suoi
colleghi uomini. Non è frequente.
«Cerco di fare le cose bene. E poi questo lavoro mi
piace ».
Come hai
imparato?
«Cercavo un lavoro diverso, che mi lasciasse molta
libertà. Ho partecipato a un corso della Confartigianato
con Matteo Tamassìa. Mi è servito e soprattutto mi è
piaciuto moltissimo. Ed eccomi qua».
Non è semplice imparare a costruire barche.
«Il primo segreto è quello di rubare con l'occhio. Poi
bisogna mettere in pratica».
Bisogna anche avere una certa praticità, confidenza con
gli attrezzi e i lavori manuali.
«Mi è sempre piaciuto fare lavori di sistemazione e
restauro, anche a casa, usare gli attrezzi, insomma
arrangiarmi »
Le barche sono un'alra cosa.
«Ho cominciato nello squero di Roberto Tramontin. Lui
faceva gondole di prima grandezza, c'era tantissimo da
imparare. Alla fine dell'apprendistato voleva che
restassi ma io ho voluto cambiare e sono venuta qui.
L'ambiente è giovane, si lavora con entusiasmo e in
allegria, mi trovo benissimo. All'inizio era dura,
adesso ho un contratto regolare, sono contenta».
Da chi hai
imparato a «rubare con l'occhio» i segreti della
costruzione?
«Da Tramontin e poi qui da Tamassìa, da Giovanni Da
Ponte, che a 26 anni è il più giovane maestro d'ascia in
circolazione».
Una nuova generazione di squerarioli che lascia qualche
speranza dopo anni di pessimismo e carenza di vocazioni.
«Qui alla Certosa è nato un vero centro della nautica e
della costruzione e del restauro di barche in legno. Il
maestro d'ascia “anziano” Mathias Luman, bravo e molto
preciso, Giovanni, altri che vengono a imparare. Nell'ex
isola abbandonata adesso c'è un vero centro di
produzione oltre che le officine e la darsena per
ospitare le barche».
Quali sono gli ultimi prodotti del tuo
cantiere?
«Abbiamo costruito le
nove caorline da regata per la Provincia, tre
sampierotte e una topetta, sette motoscafi sul tipo
Dalla Pietà. Io poi ho restaurato numerose barche in
legno, cofani, barchette, tope».
La cura dei dettagli anche nelle riparazioni,
tipicamente femminile. «Dicono così....» Una passione
recente, quella delle barche?
«Sempre avuta. Da piccola
andavo a vogare, guardavo con ammirazione quelle
imbarcazioni così belle, così diverse e adatte a
navigare nei bassi fondali...
La voga? «Ho
vinto un po' di bandiere, partecipato anche alle regate
a un remo di Murano. Ero una delle poche che venivano
dalla terraferma, all'inizio la dominazione delle
isolane era evidente.
Adesso siamo quasi di più noi «cittadine». Una stagione
che promette bene.
«Con la mia nuova
campagna, la pellestrinotta Debora Scarpa, stiamo
facendo molto bene. A Sant'Erasmo siamo arrivate quarte,
in bandiera, ma siano state forse un po' danneggiate al
giro del paleto. Ma le polemiche non mi interessano.
Puntiamo a far bene».
Bandiera sicura in Storica a settembre?
«Speriamo. Se come sembra
non ci sarà Gloria Rogliani potremmo essere proprio noi,
io e Debora, le avversarie più titolate per contendere
il primato a Luisella Schiavon e Giorgia Ragazzi.
Intanto ci alleniamo, speriamo bene».
All'alba? «Certo,
la mattina alle 7. E' l'unico modo per evitare il caldo
ma anche le onde dei motoscafi. E poi in tarda mattinata
devo venire a lavorare».
Da una barca all'altra. «Sì
ma non mi pesa, anzi. Un po' ce l'ho nel sangue, una
passione, quella delle barche in legno, che mi porta a
cercare di fare i restauri con pazienza, di curare i
particolari ».
In famiglia sono contenti di questo lavoro diciamo un
po' anomalo per una ragazza di 32 anni? «Non
sono sposata, abito al Lido. Mia madre Danila è molto
fiera di avere una figlia così, il mio fratello maggiore
anche. Adesso vi saluto perchè devo andare fino a
Campalto a trovarli».
Naturalmente, in barca.
26 giugno 2011
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