11 5 2017 La Nuova Venezia Alberto Vitucci
Venezia, turismo slow a bordo del bragozzo con i
“moecanti”
La famiglia Bognolo rimette in sesto la sua barca da
pesca restaurata dal cantiere Crea. E lancia gli
itinerari alternativi
Si chiama «Rosa dei Venti», ed è un antico e solido bragozzo, barca
da pesca della famiglia Bognolo. È stato restaurato e
modernizzato da Gianfranco Vianello «Crea» nel cantiere
della Giudecca. E adesso è pronto a solcare le acque
placide della laguna per inaugurare un nuovo tipo di
turismo «slow».
L’idea è venuta all’ultima famiglia di moecanti ancora
attiva alla Giudecca, i Bognolo. Padre e sei figli che
da sempre svolgono l’attività dei loro antenati: la
coltivazione e la vendita delle moeche, granchi
particolarissimi che solo in laguna si trovano.
Prelibati e unici, perché matengono il loro status di
granchio molle, che viene dallo «spiantano» e sta per
tornare granchio, solo per pochissimo tempo. Sta alla
grande abilità del pescatore toccarli e riconoscerli.
Scartare da quelli pescati con le reti e messi a
maturare in acqua nelle casse di legno, i vìeri – i
granchi non commestibili che vanno ributtati in acqua,
mettere da parte quelli preziosissimi. Al mercato
raggiungono cifre superiori ai 60-70 euro il chilo.
Fritti, sono una ricetta tipica della laguna in
determinati periodi dell’anno.
«Abbiamo pensato che questa ricchezza, anche culturale,
non deve andare perduta o restare tra pochi amanti della
laguna», racconta Emanuele Bognolo, «così ci siamo
pensati questa forma di turismo slow: 10-12 persone alla
volta, che prenotano. Li portiamo in barca e a bordo gli
facciamo vedere le fasi della pesca, mangiano con noi
bisati e moeche. Sicuramente così non li trovano da
nessuna parte al mondo». Primi contatti con le
cooperative di pesca di Burano e con i cantieri della
Giudecca. E il progetto adesso è realtà.
Tra aprile e maggio i granchi di una specie lagunare
fanno la muta e si presentano molli. Sono una
prelibatezza la cui ricetta affonda nei secoli
Il restauro del bragozzo, imbarcazione tipica della
laguna molto diffusa a Chioggia, ha richiesto qualche
anno di lavoro. «Abbiamo cambiato il motore, per rendere
la barca più sicura e veloce», racconta Bognolo, rifatto
alcune parti». «I moecanti», racconta, «sono come
cercatori d’oro. Uomini che muovono le loro mani grandi
e le dita callose con la rapidità delle merlettaie».
Gesti antichi, che devono distinguere in pochi secondi i
granchi buoni da quelli «matti».
Il restauro del bragozzo lo ha curato personalmente
Crea. Un legame particolare, il suo, con il mondo dei
moeacanti. «La mia famiglia è una di quelle che dai
tempi antichi pescava in laguna», dice Crea. Pescatore,
regatante, costruttore di gondole e di barche tipiche
della laguna. Ieri pomeriggio il varo della nuova
«creatura», tra benedizione e applausi. Nei prossimi
giorni sarà la volta di due nuove gondole da traghetto
costruite per l’associazione gondolieri, per
ripristinare il traghetto della Dogana. Un incentivo
alla produzione di barche in legno e alla sopravvivenza
dei cantieri tradizionali. In quello di Crea alla
Giudecca, all’interno del Consorzio della cantieristica
minore, lavorano anche giovani apprendisti. Che stanno
imparando dal maestro l’arte di far gondole. Una scienza
antica di cui sono rimasti oggi in attività pochissimi
interpreti: Roberto Tramontin, Dino Tagliapietra,
Roberto Dei Rossi, il giovane Matteo Tamassia.
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