Compensato sì compensato no,
di Silvio testa
Il Gazzettino, Lunedì,
13 Novembre 2006
Niente compensato per le «nuove» gondole
In giunta passa il nuovo regolamento: il particolare tipo di
legno si potrà usare solo per l'opera viva. La soddisfazione
del Felze
Tra "Crea" e il "Felze", il Comune ha optato per i secondi.
La giunta, infatti, ha approvato il nuovo Regolamento per il
servizio pubblico di gondola, tagliando la testa al toro
nella polemica "compensato sì - compensato no" che ha diviso
l'ex campione del la Regata Storica, ora squerariol alla
Giudecca, e l'associazione degli artigiani di qualità che
lavorano appunto attorno alla gondola. «L'uso del compensato
- afferma dunque il nuovo regolamento - è ammesso ma non
consigliato esclusivamente per l'opera viva».
In sostanza, il compensato marino potrà essere utilizzato
solo per la parte immersa della gondola, il fondo, cioé, e
non potrà servire per fare i "nomboli", i "serci", le "çimonel
e", i "fiuboni", i "trasti", le "nerve" e le "falche", tutte
le parti dello scafo, cioé, che da sempre vanno realizzate
con 8 tipi diversi di legno. Il regolamento, anzi, precisa
che il corpo del la gondola è «esclusivamente in legno, con
le essenze lignee elencate in allegato (un allegato povero e
in realtà del tutto insufficiente rispetto alle 295 parti di
cui è fatta una gondola, ndr) e i metodi costruttivi
consolidati dalla tradizione». Dunque, niente uso di colle e
sparachiodi.
Tra "El fel ze" e Gianfranco Vianello "Crea" (nel la foto)
nel le settimane scorse era scoppiata una dura polemica. «Se
cento anni fa i veneziani avessero avuto il compensato,
l'avrebbero certamente usato», aveva sostenuto "Crea", che
al Consorzio del la Cantieristica minore costruisce gondole
in buona parte di compensato, che vanno per la maggiore tra
i gondolieri. "Crea" aveva ricordato che il primo a usare il
compensato era stato il grande Nino Giuponi, che legno buono
non se ne trova più, che le sue gondole reggono meglio al
moto ondoso, ma il presidente del Felze, il remèr Saverio
Pastor, era andato giù duro. «Anche noi cerchiamo
l'innovazione - aveva detto - ma non per rendere più
semplice il nostro lavoro, o perché non siamo capaci di
farlo secondo tradizione, ma per migliorare il nostro
prodotto, conservandone o accrescendone la qualità». Pastor
aveva anche sottolineato che il senso di un prodotto
artigiano è la sua unicità, che gondole in compensato (e
forcole fatte col pantografo) sono quanto di più seriale e
omologato si possa immaginare.
La giunta gli ha dato ragione, ed ora spetterà al consiglio
comunale, lunedì prossimo, mettere il sigillo definitivo
alla questione. Il nuovo regolamento entra anche nel
l'arredo della gondola, cercando di porre fine al dilagare
di intagli, ori, broccati, çimieri smisurati che stanno
snaturando la raffinata eleganza del la gondola
trasformandola in una barca pacchiana. «Carretti siciliani»,
diceva Nedis Tramontin, il patriarca degli squerarioli
veneziani, indiscusso maestro del la gondola.
Il ferro (dolfin) dovrà essere dunque di acciaio, con
leggere decorazioni ma senza trafori, gli elementi metallici
decorativi dovranno essere tutti in
ottone o bronzo di getto, secondo i campioni
depositati all'Ente gondola (che ha proposto le modifiche
regolamentari), con le misure massime indicate per i "canòni"
da prova e da pope e per il "feràl". Il "rizo" da pope dovrà
andare in unico pezzo d'acciaio: ammessa ma non consigliata
la parte superiore ribaltabile, su assenso del bancàl, ma
l'abbattimento dovrà avvenire esclusivamente nel momento del
passaggio sotto i ponti altrimenti intransitabili per la
marea.
Su "fiubòni" e "tolèle" sono ammessi gli intagli, mentre il
çimier, alto al massimo 35 cm, dovrà essere nero, con
limitate applicazioni di doratura in oro zecchino. Il
regolamento, infine, definisce le divise e gli "armizi"
(remi, forcole, teli), e ovviamente il colore del la
gondola: nero, lucido, come nero dovrà essere il
sottomarino.
Silvio Testa |
Alessandro
e Ermanno Ervas con due ferri per gondola. Foto Gilberto
Penzo
17-11-2006
Fabbri
o "saldocarpentieri"
Purtroppo viviamo in tempi
dove c'è la tendenza di banalizzare tutto con la scusa
della produttività e del progresso. Sta forse per
succedere alla gondola quello che è successo ormai da
circa venticinque anni al ferro cosiddetto battuto: con
la scusa di sollevare dalla fatica fisica ed
intellettuale torme di fabbri sudanti sugli incudini si
è provveduto a fornire loro i pezzi preformati e i
disegni per gli assemblaggi, con un coro di consensi
anche da parte di persone che per cultura e formazione
mai mi sarei aspettato.
La campagna antifatica ha
fatto sì che un folto gruppo di "saldocarpentieri" che
mai avevano visto in vita loro una incudine né una
forgia e neppure un disegno siano diventati
improvvisamente artisti del ferro "battuto" ( sconfitto
e bastonato) dando vita ad una serie di nefandezze anche
culturali dalle quali difficilmente ci salveremo. Nel
contempo quelli che lavoravano con coscienza e
cognizione di causa hanno dovuto riconvertirsi
banalizzando la loro produzione per poter sopravvivere.
La cultura del saper fare e quindi anche del saper
consigliare non solo un disegno ma sopratutto delle
modalità di costruzione è venuta meno dando la stura ad
uno stuolo di improvvisatori con le conseguenze che sono
sotto gli occhi di tutti. A questo disastro si è cercato
di ovviare con l'istituzione delle famosissime ISO 9000
e rotti per cercare di dare una parvenza di serietà a
quello che serio non è.
Mai imbroglio più grande e
generalizzato nei confronti della gente indotta a
credere che una ditta che è in possesso dell'ISO sia una
ditta sulla quale fare sempre affidamento: ho
personalmente restaurato serrature di cinquecento anni
che con solamente una pulizia dalla ruggine sono tornate
a funzionare perfettamente, mentre moderne serrature
prodotte da note ditte molto "ISATE" non hanno durato
che un paio d'anni. Certo ci sono problemi con il
personale, con i materiali che spesso sono di difficile
reperimento, con i nuovi demenziali regolamenti che
hanno trasformato qualche decina di artigiani in tanti
stabilimenti petrolchimici. Ho dovuto, per la mia
forgia, presentare una serie di documentazioni quasi
fossi la Montedison per scoprire che l'addetto alle
pratiche non sapeva nemmeno di cosa si trattasse. Ecco
la nostra battaglia deve essere combattuta contro
l'IGNORANZA che ci sta assediando sempre più sotto le
forme più diverse ma travestendosi sopratutto da
modernità.
Sempre
forti
Ermanno
Ervas
|
3
agosto 2006
da
Ermanno Ervas Fabbro
Sono
perfettamente d'accordo che la tradizione è un magma in
perenne movimento e che ognuno cerca di apportare le
modifiche che ritiene opportune pensando di migliorare
il prodotto. Tutto questo è giusto e legittimo finché
rimane entro l'etica del mestiere senza stravolgerlo e
senza sopratutto stravolgere il prodotto finale. A
questo punto tutto può essere legittimo e giustificabile
basta non tener conto di cosa significhi l'oggetto
gondola nel suo complesso e nello specifico della città.
Io non sono un cultore di barche, non sono veneziano,
non so vogare e porto con me una colossale ignoranza di
tutto ciò che è marinaro o che possa galleggiare
sull'acqua che non sia un pezzo di legno, tuttavia sono
rimasto affascinato dal mondo e dalla cultura che
circola intorno alle imbarcazioni, alla sapienza che in
millenni di sperimentazioni, appunto,ha fatto sì che
alcuni pezzi di legno assemblati potessero non solo
trasportare cose e uomini ma anche essere "belli" nel
senso non solo estetico ma anche nella funzionalità di
un oggetto pensato e costruito per poter essere usato in
un certo luogo piuttosto che in un altro. In altre
parole la gondola e l'insieme di barche, non solo
veneziane sia chiaro, sono l'espressione di una civiltà
e di una cultura degli artigiani di una città e di un
popolo. Forse è inevitabile che in una certa epoca e in
certo luogo avvenga che ci sia chi non rispetta le
regole e che infranga i tabù o presunti tali per volgere
gli avvenimenti a proprio vantaggio. E' sempre successo
e succederà ancora, ma se permetti posso capire che
questo lo possa fare un estraneo alla cultura del luogo,
alieno ai valori rappresentati, non da chi di quel luogo
dovrebbe essere espressione.
Continuando di questo passo a breve avremo la gondola in
plastica, tanto quando è dipinta chi la riconosce: i
veneziani se ne fregano, per i turisti và sempre bene
purché luccichi e per i gondolieri è ottima perchè costa
poco ( forse ), anzi mi stupisco che non l'abbiano
ancora fatta, anzi quasi quasi la faccio io che non
tradisco alcuna cultura. Ma sai ciò equivale a porre
nella propria libreria una di quelle enciclopedie da
commercianti di mobili quelle fatte di sole copertine
con le incisioni in oro ma prive assolutamente di
qualsiasi contenuto: tanto devono solo apparire e non
essere; quindi il problema non è lo sperimentare nuovi
materiali o nuove tecniche ma lo stravolgere
completamente l'etica del lavoro per imporre i propri
interessi con l'aggravante di usare le terminologie
della tradizione come paravento o meglio come
specchietto per le allodole. Tutto questo lo dico a
ragion veduta perchè è già successo con il ferro dove
una valanga di prodotti di scadentissima fattura, ma
accompagnati da una propaganda suadente rivolta da una
parte all'artigiano meno attento ai valori del mestiere,
e dall'altra al progettista e al consumatore finale, ha
fatto sì che travolgesse tremila anni di storia fabbrile.
La colpa di tutto ciò non è delle macchine in sè che
anzi se usate con intelligenza possono dare ottimi
risultati anche dal punto estetico,né dai nuovi
materiali, ma dal loro uso. Una volta ho avuto una
accalorata discussione con un fabbro di Siena che
accusava noi veneti di adoperare il maglio nei nostri
lavori paventando l'abbandono dell'uso del martello e
quindi la perdita di quella manualità che è la
quintessenza del mestiere artigiano. Io affermavo che
tale macchina esiste da circa mille anni e che è stata
inventata e usata principalmente per risparmiare fatica
e che moltissimo dipendeva dalla sensibilità
dell'operatore: il maestro di mio padre lo adoperava sia
per i vomeri degli aratri che per i fiorellini dei
lampadari. Un altro mio collega lo adopera per bastonare
senza pietà un pezzo di ferro che poverino non ha fatto
nulla di male. Sensibilità diverse o culture diverse?
Uno batte per dar forma e vita l'altro per far vedere
che è ferro battuto: il primo è, il secondo appare. In
un periodo dove i valori etici sono a livello di tappeti
lustrascarpe nascono anche queste aberrazioni e non è
sufficiente porsi a lato e vedere come andranno le cose
quasi come notai che registrano gli accordi altrui, ma
occorre reagire proponendo ciascuno l'etica del proprio
mestiere senza paura di apparire vecchi e superati da
innovazioni che valgono più da trappole per gonzi che
reali pezzi d'artigianato.
Ermanno
Ervas Fabbro
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