La
Repubblica — 29 ottobre 2008
Non è
vero che, dopo il blitz estivo della legge 133, la
Finanziaria di fine anno non possa riserbarci più
sorprese. Una ce n'è, almeno stando alle intenzioni dell'
onorevole Gabriella Carlucci, che ha presentato due
versioni di uno stesso emendamento (nrr. 2076 e 2077),
pudicamente etichettato «Riemersione di beni culturali in
possesso di privati». Basta una scorsa per accorgersi di
che si tratta. È una riedizione "dell' archeo-condono" già
proposto dall' on. Gianfranco Conte, dalla stessa Carlucci
e da altri deputati nel 2004 (nr. 5119), poi ritirato e
ripresentato come emendamento alla Finanziaria 2005 (nr.
30.068), ma sconfitto, dopo una denuncia di questo
giornale, anche per il deciso intervento di esponenti di
spicco del governo Berlusconi di allora, come il ministro
ai Beni Culturali Giuliano Urbani e il sottosegretario
all' Economia Giuseppe Vegas.
Vediamo di che si tratta:
secondo la proposta Carlucci, «i privati possessori o
detentori a qualsiasi titolo di beni mobili di interesse
archeologico antecedenti al 476 d. C., non denunciati né
consegnati a norma delle disposizioni del Codice dei Beni
Culturali, ne acquisiscono la proprietà mediante
comunicazione alla Soprintendenza competente per
territorio». Qualche documentazione che attesti la
provenienza? Non c' è bisogno: basta che il dichiarante
«attesti il possesso o la detenzione in buona fede», e
paghi un piccolo balzello per le «spese di catalogazione».
Ma niente paura, le spese di catalogazione non rovineranno
nessuno, visto che vanno («in relazione al numero dei beni
oggetto di comunicazione», e non al loro valore storico,
artistico o archeologico) da un minimo di 300 euro a un
massimo di 10.000. Non basta: con l' eccezione di quegli
oggetti che la Soprintendenza dichiari di particolarissimo
interesse culturale, tutti gli altri «possono essere
oggetto di attività contrattuale a titolo gratuito o
oneroso, e la loro circolazione è libera, in deroga alle
disposizioni del Codice», e in particolare del Capo IV,
sez. I (circolazione nel territorio nazionale) e del Capo
V, sez. I e II (uscita dal territorio nazionale). Inoltre,
«il censimento è esteso a tutti gli oggetti che i
collezionisti detengono all' estero, purché li facciano
rientrare all' interno dei confini nazionali», e
naturalmente sulla base di un generale «principio di
depenalizzazione», che si applica anche ai «non cittadini
italiani che detengono i beni suddetti all' interno dei
confini italiani».
Poiché questa proposta null'altro è se
non la fotocopia di quella del 2004, possiamo commentarla
con le parole usate allora alla Camera da due esponenti
del Pdl. Il senatore Giuseppe Vegas, allora come ora
sottosegretario all' Economia, definì la proposta «una
sanatoria per i tombaroli» e invitò l' onorevole Conte a
ritirarla. L' onorevole Gioacchino Alfano espresse «il
timore che la norma finisca di fatto con l' incentivare il
saccheggio del sottosuolo alla ricerca di reperti dei
quali legittima l' appropriazione». Questa è infatti la
ratio della proposta Carlucci: in deroga (o in barba) al
Codice dei Beni Culturali firmato da Giuliano Urbani, che
è, o dovrebbe essere, fra i massimi vanti del governo
Berlusconi (anche perché consolidato in una logica
bipartisan dai piccoli ritocchi dei ministri Buttiglione e
Rutelli), si propone qui di sanare migliaia di reati con
un sol colpo di spugna, e si invitano tombaroli,
depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti
finti e mercanti disonesti a mettere in vendita in Italia
e all' estero i beni archeologici che fino a ieri avevano
dovuto nascondere, tremando al pensiero di esser colti in
castagna dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del
Patrimonio. Questa "licenza di uccidere" il patrimonio
archeologico, senza alcun limite e alcun discrimine se non
la dichiarazione che tombaroli e ricettatori operano "in
buona fede" non contrasta solo con le leggi e col Codice,
ma anche con l' azione intrapresa dal ministro onorevole
Sandro Bondi in favore del patrimonio archeologico.
Giustamente egli può vantarsi di aver continuato l' opera
intrapresa dai suoi predecessori Buttiglione e Rutelli nel
recupero dei beni archeologici trafugati all' estero.
Giustamente abbiamo celebrato nella grande mostra Nostoi,
nelle nobili sale del Quirinale, il ritorno in Italia di
pezzi illegalmente esportati e finiti nelle collezioni di
grandi musei a New York, Boston, Los Angeles. Ma il
principio etico e giuridico in base al quale i musei
stranieri hanno cominciato a restituire all' Italia il
maltolto si fonda sul fatto che essi, dopo enormi fatiche
della magistratura, del Ministero, dell' Avvocatura dello
Stato e dei Carabinieri, hanno finito col riconoscere la
solidità giuridica e culturale del principio normativo
secondo cui in Italia i beni archeologici, in quanto
testimonianza di civiltà che forma contesti non
segmentabili, sono di pertinenza dello Stato. Se passasse
la proposta Carlucci, che legittima ogni possibile
traffico e consacra la clandestinità come una virtù, con
quale faccia potremmo insistere per la restituzione di
altri oggetti da parte dei musei stranieri? Non è
pensabile che il Governo, e in particolare il ministro
Bondi, possa accogliere, in nessuna forma nemmeno truccata
o mitigata, un principio che cancellerebbe di colpo ogni
regolamentazione o prerogativa statale nella conduzione
dell' attività di ricerca archeologica, aprendo su tutto
il territorio nazionale una gigantesca caccia al tesoro.
Non è possibile che un Ministero preposto alla tutela
venga (come vuole la proposta Carlucci) obbligato per
legge ad «assicurare la più sollecita ed ampia diffusione
della conoscenza della presente legge presso l' opinione
pubblica, avvalendosi anche dei mezzi di comunicazione di
massa», cioè a spendere i pochi spiccioli che restano dopo
i giganteschi tagli d' estate per reclamizzare il
commercio di reperti illegali. E' sperabile che l'
onorevole Carlucci, dopo aver distrattamente ripescato nei
suoi cassetti del 2004 una proposta già allora bollata
come impraticabile dai suoi colleghi di partito, sappia
comprendere che non è il caso di insistere. Non può che
andare in questo senso, lo scriviamo con fiducia, l'
azione del Governo e in particolare del ministro Bondi,
che tanto si sta prodigando per dare respiro e
progettualità al suo Ministero pur nelle gravi difficoltà
di bilancio. Ogni forma di "archeo-condono" non solo
delegittimerebbe in modo irreparabile il Ministero e i
suoi funzionari, e dunque anche il ministro), ma
offenderebbe la secolare storia della tutela in Italia e
violerebbe la Costituzione. Nel 2004, un' identica norma
fu bocciata (nonostante la fievole opposizione delle
sinistre) proprio per la sensibilità istituzionale di
membri del Governo. Non si vede perché non dovrebbe
accadere anche adesso.
- SALVATORE SETTIS
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